IL TASSO (Taxus baccata): ALBERO DELLA RINASCITA E DELLA MORTE
Camminando tra le siepi dello splendido labirinto di Sigurtà, a Valeggio, chi mai sospetterebbe una lunga tradizione di fascino e mistero tra le fitte foglie scure del Tasso?
Il Taxus baccata, comunemente detto Tasso, è un sempreverde dell’ordine delle conifere, che deve parte del proprio nome botanico ai frutti rossi, detti arilli, che decorano i rami di strette foglie disposte a pettine come perle appunto (dal latino baccata ovvero fatto di perle). Estremamente raro allo stato spontaneo, deve la propria diffusione ai giorni nostri prevalentemente all’uomo, che se ne serve innanzitutto come pianta ornamentale, disponendone, appunto, i verdi arbusti in siepe o recinzioni.
L’ALBERO DELLE ARMI, ALBERO DELLA MORTE
Nel corso dei secoli, però, non godette della medesima fama, nè bastò l’uso ornamentale a farne albero notevole per varie ragioni. Si dice infatti che, fin dall’antichità, il legno durevole del Tasso venisse impiegato su larga scala per armi di vario genere, grazie anche ad indiscusse doti di resistenza e flessibilità che lo rendevano apprezzabile per la fabbricazione di lance, frecce e, soprattutto archi.
Leggenda vuole che fu una freccia di Tasso quella che colpì a morte Re Riccardo Cuor di Leone, come, al contempo, non sembra affatto casuale che lo stesso nome, in antico, fosse forzatamente ricondotto al greco Tóξov (Toxon), benchè nella stessa lingua l’albero in questione fosse σμĩλαξ (smìlax) o, tutt’al più, μĩλαξ (mìlax). Persino Plinio, però, ricordando l’alta tossicità della pianta, riporta l’accostamento, allargandolo, appunto, all’aggettivo tossico, che sarebbe un derivato del taxicum, spiegando come il veleno stesso dedotto dal Tasso venisse sovente impiegato per rendere letali lame o punte di frecce. Nota riportata anche da Strabone che precisa l’utilizzo degli arilli per questo impiego, benchè sia risaputo che l’unica parte davvero pericolosa del frutto sia il seme al suo interno e non l’innocua polpa. Che Strabone si confonda tra fuori e dentro, però, poco cambia per una pianta che, a ragion del vero, nel tempo s’è guadagnata l’alto appellativo di “Albero della Morte”. Raramente, in effetti, un solo arbusto, in natura, riesce a sviluppare sei differenti molecole tossiche in ogni suo organo, ad eccezione, appunto, della sola area carnossa del frutto, in grado di uccidere, in dosi opportune animali e uomini entrando, così, nel mito della letteratura e della storia di tutti i tempi.
La Guerra dei Cent’anni, come ogni altro focolaio tra il XIII e il XVI sec. in Europa, ad esempio, molto deve al nostro Tasso, se gran parte della popolazione di questa specie, nel vecchio continente, finì disboscata per trarne armi. Eppure non dovremmo arrivare agli shakespeariani Macbeth e Amleto per spiegare una connessione diretta tra l’albero del Tasso e l’aura nera degli inferi. In fondo quando nel Macbeth le streghe inglesi preparavano il micidiale intingolo di talee di tasso durante l’eclissi di luna, altro non facevano che rinnovare ad libitum l’antico rito romano del Calderone di Ecate, dea degli inferi, che gli antichi placavano con un complicato rituale di sacrificio, che prevedeva si immolassero due tori neri vistosamente agghindati con rami di tasso intrecciati, posti appunto sui due animali per attrarre spiriti infernali assetati del loro sangue. Albero della Morte, dunque, ma non solo.
MILLENNI DI STORIA IN UN TRONCO: L’ALBERO DELL’ETERNITA’ DELLA VITA.
Quello che forse attrae maggiormente di questa pianta, infatti, sembra appunto la duplice natura della propria fama nel tempo che, se da una parte la vuole legno per armi, veleno e micidiale compagna d’Ecate, dall’altra l’eleva ad esatto contraltare, mite e silenziosa guardiana del cimitero celtico, simbolo d’eternità per l’incredibile longevità di cui va fiera. Il nostro Taxus Baccata, che conta esemplari di quasi due millenni di vita, conquista, così, due opposte mitologie intimamente legate tra loro: è albero della Morte, ma, al tempo stesso, è custode del tempo senza inizio e, dunque, dell’immortalità.
IL DEDALO DELLA RINASCITA: TAXUS BACCATA, ALBERO DEL TEMPO SOSPESO E DELLA SALVEZZA.
Oscurità e luce, morte e rinascita: continuità di vita e morte in un solo albero altamente simbolico. Perdersi nell’ombra per ritrovarsi, poi, nella luce: questa duplice lettura millenaria dell’albero del Tasso ha convinto Adrian Fisher, il più famoso architetto di labirinti al mondo, a realizzare il monumentale dedalo del Parco Sigurtà, a Valeggio, utilizzando come muri divisori solo piante di Taxus Baccata.
Il labirinto del Parco, vera attrazione dell’area verde, aperto al pubblico nel 2011, dopo ben 6 anni di lavori, si riappropria, in toto, del significato primo del dedalo e dell’annosa ricerca della via d’uscita come di un viaggio dell’anima dalla morte alla rinascita. La scelta – assolutamente voluta – come afferma il proprietario del Parco, di includere 1500 piante di solo Tasso nel labirinto, risponde esattamente alla filosofia del labirinto che, per dipanarsi, sceglie come compagno di viaggio un albero che sospende il tempo e conduce alla salvezza, simbolicamente rappresentata, al centro del dedalo, dalla torretta che ci porta, salendo, sopra il labirinto stesso, liberandoci dal giogo della trappola della vita e della materia.