L’incanto dell’Eremo di Madonna del Cauto: tra storia e misticismo nei boschi della Valle Roveto
Madonna del Caùto – L’eremo che sovrasta la cascata
Il sistema delle aree protette della regione Abruzzo comprende, oltre ai tre parchi nazionali (Parco d’Abruzzo, Lazio e Molise, Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, Parco Nazionale della Majella) e a un parco regionale (Velino-Sirente), svariate Riserve Naturali (Statali e Regionali) e Parchi Territoriali Attrezzati. Tra i principali motivi che rendono queste aree meritevoli di essere visitate, spiccano i valori legati alla flora, alla fauna e alla geomorfologia, ma non solo.
La Riserva Naturale Regionale “Zompo Lo Schioppo” (L.R. 29/05/1987), costituisce parte del SIC IT7110080 (i.e. Sito di Importanza Comunitaria individuato in base alla Direttiva Habitat 92/43/CEE).
La Riserva – un’area “cerniera” tra il gruppo dei monti Ernici (a sud-est) e quello dei monti Cantari (sottogruppo dei monti Simbruini a nord-ovest) – a fianco dei valori “tradizionali” unisce quelli geomorfologici, antropologici e storici.
Non una storia fatta di grandi eventi, di personaggi o di battaglie, ma una storia minore, che comunque ha inciso e condizionato le popolazioni locali e che – oggi – può costituire le basi di un futuro sostenibile.
Una interessante serie di itinerari, anche lunghi, ma mai particolarmente impegnativi, permette addirittura di “viaggiare nel tempo”.
Andando a ritroso, attraverseremmo: la storia recente (il duro lavoro dei carbonai che hanno attraversato in lungo e in largo i suoi boschi, plasmandoli e intessendo una fitta rete di sentieri), la storia passata (il confine tra il Regno delle Due Sicilie e lo Stato Pontificio), la storia medievale.
E la travagliata storia medievale, buia e piena di incertezze, è quella che andremo a ripercorrere brevemente.
Siamo agli inizi del XII secolo e – come spesso accadeva allora – dispute interminabili opponevano ordini monastici locali tra loro e con i signorotti locali.
Le ricerche meticolose e appassionate protrattesi nel tempo da parte di E.Micati, tra i massimi conoscitori della montagna antropizzata abruzzese, aprono squarci di luce e di storia.
Nel 1110 i chierici di San Giovanni di Celano, cui fa capo il Priorato di Santa Maria del Pertuso (il nome antico, con buona probabilità derivante dall’apertura nella grotta antistante il cenobio, della nostra Madonna del Caùto) iniziano una controversia con i vescovi dei Marsi sulla consacrazione dell’olio del Giovedì Santo; solo nel 1151 una Bolla di Papa Onorio III fa sopire la controversia.
Di lì a poco la disputa si riaccende e nel 1174 deve intervenire il pontefice Alessandro III che ratifica la precedente sentenza.
Nello stesso periodo si ha la permuta della chiesa di San Nicola di Cappelle (dei Marsi n.d.r.) con quella di San Leucio in Castolo. E tale permuta sarà confermata nel tempo immediatamente successivo da ben tre pontefici.
Nel 1181, in seguito ad una donazione del pontefice Lucio III, ai Benedettini di Subiaco succedono i Cistercensi di Casamari.
E così il grande ordine monastico francese inizia la sua penetrazione in questa zona remota dell’Abruzzo, ove lascerà vive tracce (poco oltre Morino – risalendo il torrente dello Schioppo – si incontra il piccolo centro di Grancia, termine che in francese indica la “dipendenza”, abitata da monaci e conversi, di un monastero).
Nel 1188, mentre il pontefice Clemente III ribadisce le sentenze sulla consacrazione dell’olio del Giovedì Santo, si apre una nuova disputa.
Il priore della chiesa di Santo Stefano deve opporsi ai signori di Civita d’Antino che rivendicano diritti su Santa Maria del Pertuso ritenendo nulla la donazione di Lucio III ai Cistercensi di Casamari.
Ma in poche udienze la questione è risolta perché l’abate di Casamari produce in giudizio documenti che dimostrano l’infondatezza delle argomentazioni dei signori di Civita d’Antino.
E l’Archivio Segreto Vaticano, nei suoi carteggi, riferisce delle vessazioni subite dai chierici (subentrati ai monaci di San Nicola di Cappelle) anche ad opera della famiglia dei de Paleria che costrinsero Lucio III ad intervenire.
Ma nel 1221 Onorio III cassa definitivamente la permuta.
Il buio del medioevo non poteva ancora avere termine.
Si attraversano i secoli fino a trovare nuovi squarci di luce nella storia passata.
Difatti tra la fine del XVIII sec. e gli inizi del XX sec. – quella che sarebbe divenuta Riserva di “Zompo lo Schioppo” e la Valle Roveto in generale – fu percorsa da famosi viaggiatori europei (R.C. Hoare, E. Lear, A. Dumas, ecc.) che ne scrissero a lungo.
Il “fulcro” della Riserva, la cascata dello Zompo che con un salto superiore ai 80 metri è la più alta d’Abruzzo, risultava sconosciuta.
K. Crafen nel suo “Viaggio attraverso l’Abruzzo e le province settentrionali del Regno napoletano” del 1837 descrive magicamente l’area.
“… il Romito forma una bella cascata sulle montagne; vedendola da lontano, fui spinto a fare un’esplorazione più da vicino, che mi compensò ampiamente la fatica di un cammino di sei miglia. Il sentiero non è arduo, perché è quasi vicino al margine di un ruscello, e sale gradualmente.
Il Romito passa sotto la collina su cui è Morino, ed attraversa orti e terre coltivate; subito entra in una densa foresta di querce di grande crescita, unite a una varietà di alberi cedui, fra i quali si vedono molti faggi. La catena di montagne cede a un vasto anfiteatro, la linea superiore del quale è coperta di abeti, e il panorama ha un aspetto di solennità e di solitudine (…) Vicino c’è un’altra cascata, di uguale altezza e forma, e che gareggia con quella in altezza, ma la sua portata d’acqua è molto minore (…) Tuttavia esse erano belle e mi sorpresi che nessuno me ne avesse parlato prima che giungessi nella loro immediata vicinanza …”
Egli non ebbe paura di “esplorare” ed anche noi, 180 anni dopo, possiamo rivivere queste esperienze e camminare alla riscoperta dei valori delle nostre terre.
La cascata dello Zompo dista mezz’ora di cammino e la Madonna del Caùto si raggiunge, con un bellissimo itinerario che ripercorre in parte il sentiero devozionale delle Scalelle, con poco più di due ore.
Il cenobio si svelerà in tutta la sua magnificenza con il ciclo di antichissimi affreschi che narrano episodi della vita di Santa Caterina d’Alessandria che attendono solo di essere ammirati.
Di Alberto Liberati