Il Narciso, il fiore della bellezza e dell’inganno.
Lo splendido esemplare della famiglia delle Amaryllidaceae noto con il nome di Narciso è una specie bulbosa europea dal caratteristico fiore apicale bianco con paracorolla gialla o rossa, che deve il proprio nome al penetrante profumo che emana capace di stordire (dal verbo greco narkao, che vuol dire appunto stordire) per la propria pressanza inebriante. Considerato prezioso esattamente per questa sua caratteristica, venne spesso utilizzato nell’industria delle essenze estratte e dei profumi fin dai suoi primordi.
Si è spesso fantasticato sulle proprietà di questo fiore tanto bello quanto accattivante e non stupisce che sia diventato, già in epoca antica, protagonista di uno dei più noti miti sulla prepotenza dell’attrazione amorosa. Amore e Morte riassunte in un piccolo bocciolo, bellissimo e candido.
Narkos, narciso, narcotico: stessa identica radice semantica a spiegare la spirale diabolica dell’eros che attrae, inebria e conquista, potenzialmente fino alla resa dei sensi. Gli antichi erano talmente conquistati da questa essenza e dal suo profumo che, per spiegare l’origine mitica del fiore, tessero intorno al narciso la storia di un giovane dalla bellezza ineguagliata, cui nessun mortale, nè uomo nè donna, poteva resistere.
Narciso, questo il nome del giovane, era talmente bello che non poteva fare un solo passo fuori casa senza essere letteralmente assalito da sguardi adoranti. Chiunque lo vedesse e ne fosse a contatto si innamorava perdutamente di lui, senza alcuna speranza, tra l’altro, perchè il giovane, soddisfatto di sè, non cedeva alle lusinghe di nessuno. Come costretto anch’egli a sottostare ad un qualche sortilegio, infatti, non ricambiava mai nessuno dei suoi pretendenti, che anzi rifiutava con una certa cattiveria.
Ogni qual volta si trovasse a rifiutarli, i giovani di lui innamorati si facevano indietro addolorati, consapevoli che nulla avrebbe mai scalfito il cuore del ragazzo. Uno solo, tra i tanti, non volle mai desistere, dichiarando che l’amore che nutriva per Narciso era così prepotente da non poterne in alcun modo porre rimedio. Narciso se lo trovava continuamente davanti ed il giovane, che aveva il nome di Aminia, quando potè parlare con l’amato, si disse pronto a qualunque cosa pur di assecondare la sua bellezza. Narciso, crudele fino in fondo, rispose alla richiesta chiedendo la sua vita e Aminia, coerente a quanto detto, decise di affrontare la prova, uccidendosi con la spada che lo stesso adorato Narciso aveva preparato per lui.
L’epilogo tragico della vicenda provocò le ire degli dei che pensarono di punire Narciso con la stessa identica tragica attrazione fatale. Il giovane, infatti, non aveva mai visto la propria immagine e lo stesso indovino Tiresia aveva vaticinato che il rischio maggiore per la sua vita potesse appunto essere proprio il confronto diretto con la propria bellezza. accadde dunque che, per volere degli dei, il giovanne si spingesse, come costretto da una forza misteriosa, verso un limpido specchio d’acqua come non aveva mai fatto.
Chinandosi a bere vide per la prima volta l’immagine di se stesso riflessa nell’acqua e ne fu sconvolto. La sua bellezza era talmente travolgente che il pensiero di non poter godere dell’amore di quella che era solo un’immagine lo rese pazzo al punto di non sentire altra via d’uscita se non quella della morte. Corse inebriato e disperato alla ricerca della spada che aveva tolto la vita allo sfortunato Aminia e si uccise trafiggendosi il petto a sua volta. Dal sangue, sceso sul terreno, nacque all’istante un fiore bianco che dal quel momento ebbe il nome di Narciso.
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